mercoledì 29 febbraio 2012

IMPORTANTE: Modifiche all'articolo 182

Cari amici e colleghi,
nella 357ª Seduta "ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI (7ª)" di MERCOLEDÌ 22 FEBBRAIO 2012, Presidenza del Presidente Possa: il Comitato Ristretto della Commissione Cultura del Senato, incaricato di riscrivere il nuovo articolo 182 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, alla presenza del sottosegretario Roberto Cecchi, ha approvato all’unanimità un testo basato sul sistema dei punteggi proposto nel giugno scorso dalla Associazione "La Ragione del Restauro"  e confluito nel disegno di legge presentato dal Partito Democratico. Il testo approvato oggi, sintesi tra i due disegni di legge (del PD e del Governo) sarà presentato e votato in Parlamento in tempi ragionevolmente brevi.
In estrema sintesi: la soluzione proposta dall'Associazione ha trovato accoglimento come equa, razionale e giuridicamente fondata soluzione che permette di poter dimostrare sia l’attività lavorativa sia quella formativa ai fini del riconoscimento del titolo di restauratore e collaboratore restauratore.

In attesa che si completi l’iter parlamentare esprimo un grande e sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno creduto e lavorato con grande tenacia a questo progetto.

Di seguito potrete prender visione del testo e dello schema esemplificativo con i punteggi ·direttamente dal sito del Senato:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=636241

* Per leggere il resoconto della giornata cliccare, nel menù a sinistra, “in sede referente” ed in seguito su “restauratori”.
* Per leggere il testo del decreto, cliccare sul secondo “allegato” partendo dall’alto, sempre nel menù a sinistra.
Questo post (riportato parzialmente e modificato per adattarlo alla pubblicazione in questo blog) è tratto direttamente dal sito della sopracitata Associazione ed è opera del Presidente Andrea Cipriani.


GRAZIE PER LA VISITA
Veronica S.

martedì 28 febbraio 2012

L'arte della scagliola: dove, come, quando nasce

Il passaggio dal tardo rinascimento al barocco avviene gradualmente a partire dalla fine del cinquecento, per essere compiuto pienamente nella seconda metà del seicento.
Tra le più importanti caratteristiche dello stile che si viene affermando c'è la ricerca di forme sempre più mosse e dinamiche.
Il periodo culturale della Controriforma - il Concilio di Trento inizia nel 1545 - porta, insieme alla riforma religiosa in senso stretto, innovazioni in ogni espressione dell'arte sacra. Sulla linea della riaffermazione del primato della Chiesa romana, è infusa una nuova solennità alle opere d'arte: ora si ricerca la monumentalità, il gusto scenografico e ricco. Anche se si cominciano a costruire nuove chiese a partire dai grandi centri, le zone periferiche non rimangono a lungo indifferenti, anzi spesso rispondono al richiamo dell'innovazione con un fiorire di espressioni locali. Le novità non si limitano ai beni ecclesiali ma i canoni artistici nati nella Controriforma vengono assimilati anche dall'arte "profana"; e questo è facile da capire se si pensa a quanto la Chiesa fosse centro di potere politico e indirizzo culturale, al di là del dato religioso.
Nel museo civico di Carpi è conservato il ritratto di Guido Fassi all'età di trentadue anni, sul quale vi si legge la scritta "Guido Fassi da Carpi inventore dei lavori in Scagliola colorita e macchinista 1616". Anche se non si può attribuire con certezza la paternità al Fassi, questa è la prima testimonianza documentabile dove si specifica l'invenzione della tecnica.
Guido Fassi (1584-1649): di lui sappiamo che era un artista poliedrico, attivo nel campo dei progetti edili, dell'ingegneria, idraulica, meccanica, e tutte le attività che richiedevano una dimestichezza con il materiale edilizio (in particolare lo stucco).
Ci sono rimaste testimonianze del lavoro in scagliola del Fassi, in particolare alcune ancone, dalle quali possiamo dedurre come in questo periodo la tecnica sia ancora legata all'imitazione del marmo (quindi è ancora un surrogato di materiali troppo costosi) e usata con una plastcità che fa riferimento in modo particolare all'architettura.
L'unico precedente nell'uso di questa tecnica è di alcune maestranze locali di Austria e Germania. In particolare gli esempi più precoci sono quelli bavaresi: è documentata, purtroppo solo "sulla carta", nel 1591 l'attività di uno stuccatore, che eseguiva piani di tavolo decorati con stucchi colorati.
Inoltre nella Residenz di Monaco sono presenti innumerevoli esempi dell'uso di scagliola con funzione decorativa, realizzati dalla famiglia Pfeiffer, dal 1607 al 1612. I disegni e l'apparato decorativo sono ispirati e talvolta imitazione di quelli fiorentini in commesso di pietre dure.
E' difficile supporre una influenza reciproca tra il Fassi e la famiglia Pfeiffer, considerata la quasi contemporaneità delle loro attività; gli ultimi studi (A.Garuti, La scagliola: arte dell'artificio o della meraviglia, 1990) tendono a preferire l'ipotesi di un percorso analogo compiuto, in Baviera poco prima
che a Carpi, sulla base comune della sperimentazione.
 
Foto 1. "Ancona dell'Addolorata", 1629, Carpi, Chiesa Cattedrale 
Foto 2. "Ancona dell'Immacolata", 1633, Carpi Chiesa di San Niccolò.

L'EVOLUZIONE
Dalla zona di nascita, a Carpi, in pochi decenni la scagliola si diffuse in Emilia Romagna e nel Nord Italia, facilitata dai frequenti spostamenti delle maestranze specializzate in campo edile. Un polo di produzione delle scagliole divenne la valle Intelvi, vicino al lago di Como. Presso la parrocchia di S.Stefano a Gottro sono conservate le prime opere in scagliola documentate del Nord Italia, realizzate nel 1664 da don Carlo Belleni. A Napoli, maestranze locali ci hanno lasciato importanti testimonianze nei paliotti dell'abbazia di Padula (fine XVII sec.).
L'uso diffuso della scagliola in alcuni centri periferici all'inizio del secolo XVII, è da attribuirsi alla facile reperibilità delle materie prime, al loro basso costo e alla facilità di lavorazione. Quasi da subito però quest'arte minore si presta a piccole, isolate, manifestazioni di stravaganza e a più azzardate sperimentazioni rispetto all'arte maggiore della lavorazione marmorea.
Parallelamente alla grande produzione sacra, soprattutto di paliotti e di ancone d'altare, si sviluppa l'uso della tecnica applicata a mobili e manufatti d'uso "domestico" di rappresentanza; ciò avviene spesso per mano dei medesimi artisti. Attraverso alcuni grandi scagliolisti carpigiani è possibile ricostruire una piccola storia del percorso artistico che giunge fino alla metà del XVIII secolo.
GLI ARTISTI
La scuola carpigiana segue due filoni stilistici, nati da due allievi del Fassi: ANNIBALE GRIFFONI (1619-1679) e GIOVANNI GAVIGNANI (1615/1632-1680).
Griffoni è il più legato ai caratteri locale dell'arte, sebbene abbia lavorato anche fuori dai confini di Carpi e Modena; dalla sua scuola escono il figlio GASPARE GRIFFONI (1640-1698), GIOVANNI LEONI (1639-1710), GIOVANNI POZZUOLI (1646-1734), GIOVANNI MASSA (1659-1741).
Gavignani è artista di estrema perfezione formale, nella ripresa dei disegni rinascimentali in un severo bicromatismo; sono suoi discepoli SIMONE SETTI (notizie tra il 1659 e il 1688) e GIOVAN MARCO BARZELLI (1637-1693).
Giovanni Leoni. A questo artista dobbiamo la diffusione della tecnica della scagliola ad intarsio nel cremonese e a Milano. Delle opere della scuola carpigiana ci rimangono soprattutto quelle di destinazione ecclesiale; non è così per il Leoni del quale abbiamo alcuni esemplari notevolissimi di arredi di destinazione laica. La sua eccelsa imitazione dei piani di tavolo a commesso di pietre dure ha segnato una punta altissima nella storia di quest'arte, pur andando a discapito dell'autonomia che a fatica si è andata conquistando.
Pozzuoli e Massa sono gli autori dell'altare maggiore di S.Ignazio a Carpi, nel 1696. Quest'opera è significativa per la ricerca naturalistica e l'effetto pittorico tipici della cultura carpigiana, particolarmente sviluppata da questi due artisti.
Dopo un lungo periodo di crisi, in cui la scagliola è relegata a procedimento artigianale, si incontra un breve periodo di rinascita nell'ottocento, in cui la tecnica viene legata molto alle tecniche di stampa monocroma.
 Foto 3. Coppia di piani di tavolo, conservata nella rocca di Fontanellato (Parma), 1680-1690.
Negli ovali sono rappresentate due scene delle fatiche di Ercole.
Foto 4. GAVIGNANI, capostipite del filone stilistico più rigoroso, più "compassatamente rinascimentale", è l'autore di questo quadretto, capolavoro e manifesto dell'autonomia della tecnica della scagliola, libera dal ruolo di "marmo povero".

LA TECNICA
La scagliola si ottiene dalla selenite (solfato di calcio biidratato) un minerale che in natura si presenta con una caratteristica struttura a scaglie. I pezzi di selenite sono estratti dalle cave (l'Appennino Emiliano, la Lombardia e la Calabria ne sono ricchi) e posti in forno dove alla temperatura di 128° C si disidrata e polverizza.
In seguito la polvere è pestata in un mortaio per polverizzarla completamente, e dopo averla ben setacciata da ogni impurità si ha la polvere bianca detta scagliola. Questa polvere rimescolata all'acqua, tende a ricomporre la sua struttura molecolare originaria, ma il gesso che si ottiene è fragile e tenero. Verrà quindi mescolata a colle, solitamente colla madre molto diluita, chiamata acqua di colla.
Sulla scelta dei pigmenti per colorare la scagliola gli artisti hanno potuto godere dell'esperienza acquisita nel campo degli affreschi che ha fornito preziose informazioni riguardo la compatibilità con i gessi. Si tratta di tutte le terre naturali e bruciate, dei derivati dell'ossido di ferro e di alcune lacche di origine vegetale (garanza, gialla, viola porporina). Particolare rilievo i neri che sono spesso stati l'unico pigmento, nelle opere monocrome: nero fumo, caldo e intenso; nero di vite, leggermente trasparente; nero avorio, grigiastro e freddo.
La lavorazione avviene su un piano ligneo, si tratti della realizzazione di un piano di tavolo o di un paliotto, dove viene gettato il letto di scagliola per accogliere l'armatura. Questa è prevalentemente fatta di canne palustri, ma ci sono esemplari con armatura lignea o addirittura di cocci di mattone; su di essa si posa la seconda gettata, la coperta.
Perchè tutto sia asciutto e pronto da staccare dalla base lignea occorrrono dai 15 ai 20 giorni. Solo a questo punto viene realizzato il disegno, in genere con l'aiuto dello spolvero del disegno preparatorio. Gli scavi, profondi per il disegno e superficiali per il chiaroscuro, sono fatti con sgorbie a "V", "C" e "U". In seguito avviene il riempimento delle incisioni con paste colorate o monocrome.
L'ultima sequenza è quella della levigatura, con carbon dolce di faggio o salice, e lucidatura a base di olio di oliva e di noce. La lucidatura è molto insistente ed accurata proprio per proteggere il manufatto altrimenti troppo sensibile all'umidità, per garantire insomma buone proprietà di resistenza e impermeabilità. La lavorazione, secondo questi procedimenti, di un paliotto di medie dimensioni o di un piano da tavolo medio-grande dura circa tre mesi.

PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E RESTAURI
Il degrado delle opere in scagliola è principalmente dovuto alla porosità dell'impasto, che subisce in modo sensibile gli sbalzi di umidità. L'eccessiva umidità è causa dello sfarinamento e di altri mutamenti meno gravi ma "premonitori" di una situazione critica: striature giallastre, imbianchimento, affioramento di muffe. Se avviene un distacco dal supporto, oltre alle cause climatiche bisogna supporre un difetto di lavorazione. 
 Foto 5. Il restauro di questo tipo di manufatti è molto difficoltoso perchè -ad oggi- il deterioramento che subiscono è ancora da considerarsi irreversibile. L'unico tipo di intervento proposto è quindi quello restitutivo, integrativo delle parti che siano andate perdute, con un restauro estetico riconoscibile
dall'originale.

BIBLIOGRAFIA sull'arte della scagliola:
Graziano Manni, MOBILI ANTICHI IN EMILIA ROMAGNA, Poligrafico Artioli, Modena, 1980.
Augusto Giuffredi, LA SCAGLIOLA RITROVATA, Comune di Montecchio Emilia, 2001.
Colli, Garuti,Pelloni, LA SCAGLIOLA CARPIGIANA E L'ILLUSIONE BAROCCA, Ed. Artioli, Modena, 1990.
Eustachio Cabassi, NOTIZIE DEGLI ARTISTI CARPIGIANI, Ed. Panini, Modena 1986.
Sito internet del MUSEO DELLA SCAGLIOLA, Comune di Carpi.

GRAZIE PER LA VISITA
Veronica S.

venerdì 4 giugno 2010

Come ottenere un'adeguata documentazione fotografica di opere d'arte

Un restauratore che vuole procurarsi un'adeguata campagna fotografica in merito alle opere d'arte che sta trattando può incaricare del lavoro un fotografo specializzato, oppure può realizzarla egli stesso. Tuttavia un'opzione non esclude l'altra, perchè in molti casi i restauratori si servono di un tecnico per un determinato numero di riprese che immortalano i passaggi cruciali dell'intervento, mentre si occupano loro stessi della riproduzione dei passaggi intermedi, o di ciò che ritengono di loro interesse.
In entrambi i casi è bene che un restauratore sia a conoscenza di alcune nozioni fondamentali per ottenere fotografie idonee allo scopo: sia per sapere cosa pretendere dal fotografo, sia per essere adeguatamente preparato nell'esecuzione. 
Vi offro qui di seguito un piccolo sunto delle nozioni che ho appreso frequentando un corso di fotografia specifico all'università e dall'esperienza sul campo.

PREMESSA
Per ottenere una fotografia che riproduca un opera d’arte non si deve assolutamente eseguire una "fotografia artistica", ma bisogna essere oggettivi.
Serve una documentazione e non un’interpretazione : quindi è indispensabile riprodurre l’immagine nel miglior modo possibile esclusivamente dal punto di vista tecnico.
La fotografia, in questo caso serve per studio e deve essere perfettamente capibile da chiunque la guardi. A questo proposito esiste un regolamento redatto dal Ministero dei Beni Culturali (per tutte le informazioni utili, per conoscere la  normativa e per scaricarla in formato PDF visitare il sito dell’ICCD).
Inoltre, se si tratta di una documentazione per un intervento di restauro, è importante riprodurre la situazione così come la troviamo in principio, durante la lavorazione e ad operazione ultimata, stando ben attenti a scattare le foto tutte dalla medesima posizione.

NORME GENERALI PER L'ESECUZIONE
Per eseguire una fotografia idonea allo scopo è necessario seguire un iter preciso.
   1. E' necessario possedere una attrezzatura adeguata
• serve una pellicola a grana fine, poco sensibile; 
• è fondamentale il cavalletto, perché la macchina dovrà rimanere perfettamente immobile durante l’esposizione prolungata; 
• solitamente si fanno foto in bianco/nero, perché sono più stabili nel tempo, ma con la nuova tecnica digitale si fanno anche a colori dato che essendo su computer non si possono alterare e sono sempre riproducibili; 
N.B. con il bianco/nero posso avere un buon risultato anche con una macchina semiprofessionale, mentre per il colore ed il digitale devo avere un apparecchio e un software altamente professionali. In entrambi i casi è bene scegliere la macchina fotografica il più manuale possibile, perché le automatiche in caso di poca luce fanno scattare il flash.
   2. Fondamentale fare immagini inserite in un contesto
• per prima va fatta una fotografia ambientale della situazione così come la troviamo, per avere l’idea delle condizioni in cui si trova; 
• poi se ne deve fare una uguale alla prima, ma sgombra da tutti gli oggetti superflui; 
• dopodichè si passa alla sola opera con tutte le riprese ed i particolari del caso, da ripetere nelle varie fasi ed al termine del restauro;
   3. La luce è l’elemento più importante, perché è quello che determina la fedeltà dell’immagine all’originale o meno:
• la migliore è la luce naturale di una giornata senza sole, così che le ombre risultino ‘morbide’ (poco contrastate) e si possono evitare grossi problemi di controluce;
• è possibile usare anche delle luci artificiali, ma devono essere tarate in modo da non essere colorate (blu, o rosso ,o giallo), altrimenti andrebbero a sfasare tutta la cromia dell’opera;
• il flash non va mai bene perché non permette un’illuminazione omogenea, ma resta centrale.
   4. La ripresa deve essere ottimale onde evitare deformazioni dell’immagine: 
• bisogna stare perfettamente centrali e perpendicolari alla superficie che ci interessa (se la superficie dovesse essere più grande dell’inquadratura va segmentata in più parti seguendo lo stesso criterio); 
• a volte è possibile fare uso di obiettivi particolari (grandangolo) se le condizioni sono difficili, ma in modo ponderato e limitato; 
• si deve sfruttare al massimo il formato della foto, userò il 90% del mirino, cosa che mi evita anche di fare foto tagliate; 
• all’interno della ripresa andrebbe sempre inserita una tabella universale con una scala di grigi, se la foto è in B/N, oppure con i colori, se la foto è a colori, distribuita dalla Kodak.
   5. La stampa sarà meno problematica (contrasti da correggere) tanto quanto la qualità della foto sarà buona:
• il formato dovrà sempre essere inscritto in un foglio A4, mai più grande; 
• lo stampatore dovrà preoccuparsi di stampare perfettamente i grigi o i colori della tabella inserita nell’immagine e di conseguenza la foto risulterà fedele all’originale.

Nozioni importanti in merito all'argomento si possono trovare anche nei primi capitoli del libro "Il progetto di restauro - Protocolli operativi", a cura di Stefania Franceschi, Leonardo Germani, Mirko Pasquini, Elisabetta Ulivi; Alinea Editrice.

GRAZIE PER LA VISITA
Veronica S.

martedì 30 marzo 2010

Destinazione Conservazione

Tutte le opere d'arte invecchiano e mutano il proprio aspetto nel corso del tempo.
Questo processo ne coinvolge l'intera struttura - supporto, strato pittorico, vernice - che spesso viene messa a repentaglio e in parte danneggiata dall'esposizione, dal trasporto, dagli influssi ambientali e dai restauri precedenti. Di conseguenza richiede un intervento di restauro.
Per conoscere il tipo e l'entità dei danni e poter giudicare le possibilità di conservazione e restauro sono necessarie informazioni dettagliate, perché il fondamento di ogni progetto di intervento su di un'opera è la conoscenza della complessa struttura dell'opera stessa.
Un'opera d'arte, si sa, è per tradizione unica, diversamente da un testo letterario o poetico; le sue riproduzioni sono qualcosa di diverso, fonti d'informazione che non si possono confondere con l'originale. Inoltre, essendo affidata alla caducità del mondo sublime, ha una durata limitata.
Il restauro può portare a risultati estremamente diversi secondo il programma che si propone di seguire: se di conservazione dei materiali originali o di recupero estetico. D'altronde non si dà mai il caso di un restauro che sia esclusivamente di conservazione: se un restauro è veramente tale e non un'operazione di semplice manutenzione (una spolveratura, la disinfestazione di un oggetto di legno dai tarli, e simili...) comporta sempre un carattere di selettività e di recupero estetico. Comunque si devono sempre dare delle garanzie nella scelta dei materiali e nelle operazioni che si eseguono, come la reversibilità di ciò che si fa e di ciò che si applica. Sono criteri che servono solo di orientamento, ma ai quali è necessario non rinunciare.
Un buon restauro dovrà salvaguardare la possibilità di restare documento dell'oggetto, non di diventare esso stesso una stereotipata fonte di informazione. In un'opera si dovrebbero perciò conservare attentamente tutti gli aspetti legati alla sua storia materiale, ciò che ne testimonia
l'integritào meno delle dimensioni (la presenza di barbe di gesso lungo il bordo di una tavola, quella non dipinta di una tela, ecc.), i suoi passaggi attraverso il collezionismo (sigilli, cartellini, numeri di inventario, ecc.) e la traccia di vecchi interventi di restauro, di adattamento o di manutenzione. Ma soprattutto lo strato ed il carattere della sua arte: "Di fatto, tutto il lavoro del restauratore è una continua sequenza di interpretazioni, che ne guida decisioni e modo di procedere." Jedrzejewska
Tra il '40 ed il '50 è nata una specie di retorica che contrappone l'istanza storica ed una istanza estetica che tenderebbe al recuperodei valori che rendono ancora vivo, esteticamente, l'oggetto. In questa falsa dialettica si dimentica il rapporto fra materiali che costituiscono l'oggetto e la necessità d'interpretare correttamente lo stato di conservazione e la funzione che veniva loro attribuita da chi li ha messi in opera.
Tutti gli odierni pericoli dell'equivoco vengono sottolineati nella giusta portata da Robertao Longhi nel 1951, con queste semplici ma acute parole: "...ma gli odierni restauratori scientifici' sono poi sicuri di aver fatto sempre opera di sola restituzione 'storica', e di non aver mai soggiaciuto agli stimoli del gusto 'moderno', cresciuto tra la pittura di oggi e quella di ieri?... Si può star certi che in molti di questi casi, i miseri primitivi saranno stati, non già 'puliti', ma a dir poco spuliti'..."
Il restauro è quindi, secondo il concetto di Cesare Brandi (fondatore dell'Istituto Centrale per il Restauro di Roma), il momento metodologico del riconoscimento dell'opera nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro, perché il restauro deve mirare al ristabilimento dell'unità potenziale dell'opera d'arte, purchè ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell'opera nel tempo.

GRAZIE PER LA VISITA
Veronica S.

PRESENTAZIONE

Questo Blog si rivolge a tutti coloro che s'interessano, non solo professionalmente, al mondo dell'Arte e del Restauro, mettendo nero su bianco notizie, riflessioni ed esperienze personali.
La  mia formazione verte più che altro sui settori dei Dipinti, delle Sculture Lignee Policrome e del Restauro Virtuale/Digitale, ma gli argomenti che s'intendono trattare qui offriranno una panoramica a 360° della professione, grazie anche alla collaborazione di amici/colleghi impegnati in altri settori.
Un accento particolare verrà posto sul Restauro delle opere d'arte contemporanee e sulla Questione del minimo intervento, a me molto cari, e saltuariamente proporrò pensieri in merito alla fruzione delle opere d'arte a livello museale, tema del mio libro.

GRAZIE PER LA VISITA
Veronica S.
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