martedì 30 marzo 2010

Destinazione Conservazione

Tutte le opere d'arte invecchiano e mutano il proprio aspetto nel corso del tempo.
Questo processo ne coinvolge l'intera struttura - supporto, strato pittorico, vernice - che spesso viene messa a repentaglio e in parte danneggiata dall'esposizione, dal trasporto, dagli influssi ambientali e dai restauri precedenti. Di conseguenza richiede un intervento di restauro.
Per conoscere il tipo e l'entità dei danni e poter giudicare le possibilità di conservazione e restauro sono necessarie informazioni dettagliate, perché il fondamento di ogni progetto di intervento su di un'opera è la conoscenza della complessa struttura dell'opera stessa.
Un'opera d'arte, si sa, è per tradizione unica, diversamente da un testo letterario o poetico; le sue riproduzioni sono qualcosa di diverso, fonti d'informazione che non si possono confondere con l'originale. Inoltre, essendo affidata alla caducità del mondo sublime, ha una durata limitata.
Il restauro può portare a risultati estremamente diversi secondo il programma che si propone di seguire: se di conservazione dei materiali originali o di recupero estetico. D'altronde non si dà mai il caso di un restauro che sia esclusivamente di conservazione: se un restauro è veramente tale e non un'operazione di semplice manutenzione (una spolveratura, la disinfestazione di un oggetto di legno dai tarli, e simili...) comporta sempre un carattere di selettività e di recupero estetico. Comunque si devono sempre dare delle garanzie nella scelta dei materiali e nelle operazioni che si eseguono, come la reversibilità di ciò che si fa e di ciò che si applica. Sono criteri che servono solo di orientamento, ma ai quali è necessario non rinunciare.
Un buon restauro dovrà salvaguardare la possibilità di restare documento dell'oggetto, non di diventare esso stesso una stereotipata fonte di informazione. In un'opera si dovrebbero perciò conservare attentamente tutti gli aspetti legati alla sua storia materiale, ciò che ne testimonia
l'integritào meno delle dimensioni (la presenza di barbe di gesso lungo il bordo di una tavola, quella non dipinta di una tela, ecc.), i suoi passaggi attraverso il collezionismo (sigilli, cartellini, numeri di inventario, ecc.) e la traccia di vecchi interventi di restauro, di adattamento o di manutenzione. Ma soprattutto lo strato ed il carattere della sua arte: "Di fatto, tutto il lavoro del restauratore è una continua sequenza di interpretazioni, che ne guida decisioni e modo di procedere." Jedrzejewska
Tra il '40 ed il '50 è nata una specie di retorica che contrappone l'istanza storica ed una istanza estetica che tenderebbe al recuperodei valori che rendono ancora vivo, esteticamente, l'oggetto. In questa falsa dialettica si dimentica il rapporto fra materiali che costituiscono l'oggetto e la necessità d'interpretare correttamente lo stato di conservazione e la funzione che veniva loro attribuita da chi li ha messi in opera.
Tutti gli odierni pericoli dell'equivoco vengono sottolineati nella giusta portata da Robertao Longhi nel 1951, con queste semplici ma acute parole: "...ma gli odierni restauratori scientifici' sono poi sicuri di aver fatto sempre opera di sola restituzione 'storica', e di non aver mai soggiaciuto agli stimoli del gusto 'moderno', cresciuto tra la pittura di oggi e quella di ieri?... Si può star certi che in molti di questi casi, i miseri primitivi saranno stati, non già 'puliti', ma a dir poco spuliti'..."
Il restauro è quindi, secondo il concetto di Cesare Brandi (fondatore dell'Istituto Centrale per il Restauro di Roma), il momento metodologico del riconoscimento dell'opera nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro, perché il restauro deve mirare al ristabilimento dell'unità potenziale dell'opera d'arte, purchè ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell'opera nel tempo.

GRAZIE PER LA VISITA
Veronica S.

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